domenica 22 novembre 2015

Sbarco su Facebook

Su suggerimento da parte di un paio di lettori (avvenuto mesi fa), mi sono convinto ed ho creato una pagina Facebook omonima al presente blog.


La pagina FB avrá gli stessi contenuti dell´attuale blog con l´aggiunta di piccole cose, tipo qualche articolo di giornale da condividere senza particolari commenti, qualche foto e ambabili menate. 

Fateci un salto se vi va. 

Ringrazio quei due suddetti lettori (che sono circa il 66,6% del totale) per l´ispirazione: vediamo se funziona .... 



Cars

Ho appena letto questo articolo che parla di delle auto Volvo incuriosito dal titolo: "ottobre in crescita del 12,6%".

Ma quello che mi ha colpito é un dato che proprio non mi aspettavo. É che il 18% delle vendite avviene in Cina. In Cina infatti un produttore occidentale fa fatica ad entrare, figuriamoci a sfondare. A meno che non abbia uno stabilimento in loco: cioé se vuoi vendere in Cina devi avere una fabbrica proprio lí sul posto che produca e venda a prezzi cinesi. Una fabbrica in Cina ti permette di produrre diversamente, diciamo piú economicamente, perché  non é richiesto che le vetture vendute in Cina rispettino le stesse normative in materia di sicurezza e rispetto dell´ambiente (leggi emissioni) che abbiamo qui in Europa. 
E allora mi sono domandato: ma come fa la Volvo che notoriamente produce auto di una certa qualitá, a vendere in Cina? Non é che percaso ha uno stabilimento laggiú? E cosí ho googlato un pochino (gli svedesi hanno il verbo googlare, in italiano suona un po´ male) ed ho scoperto che la Volvo produce in diversi posti in Cina. 


Interessante anche leggere che il 19% delle vendite avviene in USA grazie sopratutto ai modelli SUV. Ed é in rapida crescia. 

Specifico: questo vale solo per le auto. 
Giusto per fare chiarezza: io lavoro nel gruppo Volvo, che ha lo stesso simbolo delle auto, ma produce tutt´altro (camion, autobus, macchine da costruzione, motori per barche). Il settore auto ha proprietá cinese (guardacaso), mentre il gruppo originario é ancora svedese. 

venerdì 6 novembre 2015

Hai voluto la bicicletta?

Heila.

Scusate l´assenza, ma per i distratti, per quelli che hanno la memoria corta e per quelli che sono nuovi visitatori di questo blog (benvenuti, a proposito), confesso che io lavoro a 120 km da casa e tutte le mattine devo prendere la bicicletta, per andare in stazione, prendere il treno, e poi, arrivato a Eskilstuna, prendere il bus. In totale sono 2 ore andare e 2 ore tornare. Tutti i giorni. Capite bene, che uno la sera non é che c´ha tanta energia per scrivere un post, anche se sciocchino. 

Comunque oggi sono in forma ed ho appena letto questo articolo che parla di incidenti in bicicletta. Cavolo !!! interessa anche me che tutte le mattine, alle 6 circa, sfreccio in città come un missile (la cittá pende verso la stazione e quindi per me é tutta discesa all´andata). 

E´stato infatti realizzato in Svezia un casco/air bag per ciclisti.Molto bello e funzionale. Bravi. 


Mi sono soffermato a riflettere invece sui dati riportati alla fine: che in Svezia muoiono 40 ciclisti ogni anno. E mi sono domandato: e in Italia?

Ho trovato la risposta in questo documento della FIAB. Nella terza pagina c´é un grafico che riporta circa 350 decessi/anno. Facendo il rapporto con la popolazione, in Svezia dovrebbero essere 52 (contro i 40 citati nell´articolo ma é un dato del 2007). Dato che non corrisponde con quanto indicato a pagina 6, invece. Lí, un grafico piú chiaro dimostra che i decessi in Italia sono 9 ogni 100mila abitanti contro i 5 della Svezia. Se avete tempo leggete l´articolo perché ci sono cose interessanti tipo che la mortalità di ciclisti in un paese é inversamente proporzionale alla quantitá di ciclisti. Cioé, piú gente usa la bici, migliori diventano le condizioni di sicurezza (vale anche il contrario secondo me). Infatti in Svezia il 7,5% delle persone usano la bici, contro il 4% dell´Italia. Ma la cosa divertente, ho notato io, é che il rimanente 96% degli italiani afferma che andare in bici d´inverno fa troppo freddo. 


domenica 25 ottobre 2015

Ladri di biciclette


E sulle note di questa bella canzoncina di un casino di anni fa, tipo che io ero ancora alle superiori, introduco un argomento topico della Svezia. No, non sono le ragazze e l´aggettivo "topico" vi ha tratto in inganno. Mi riferisco ai furti delle biciclette. 

Degli italiani residenti in Svezia, quasi tutti hanno subito negli ultimi 3 o 4 anni un furto di una bicicletta. 

Vi racconto alcune storie: 
- la famiglia B. un paio di anni fa abitava in centro. Una mattina non hanno piú trovato una delle biciclette che era regolarmente parcheggiata nella rastrelliera di un cortile interno e protetto. Un giorno li invito a pranzo e riconoscono la loro bici parcheggiata davanti a casa mia. Io, subito, giuro di non saperne niente. Loro se la riprendono e la riportano a casa. Il giorno dopo sono andati dalla polizia a ritirare la denuncia. Passano un paio di anni e questi cambiano casa e finiscono in campagna. Mettono un annuncio su un sito di vendite tra privati  per cedere una bici usata di un certo valore, essendo loro appassionati ciclisti. Dopo pochi giorni hanno subíto un furto in garage e solo alcune biciclette sono scomparse. Abbiamo cosí capito che i ladri hanno visto l´annuncio, copiato il numero di telefono, ricercato il nome e l´indirizzo del titolare su internet (qui é tutto cosí trasparente), e colpito a colpo sicuro. 

- alla famiglia DR invece é scomparsa una bici da donna qualche anno fa. Loro non hanno nemmeno fatto denuncia perché chi ci spera piú di trovarla... E invece, dopo un mesetto, ricevono una telefonata della polizia che chiede se, per caso, hanno perso una bicicletta. Ma come facevano a saperlo? E cosí abbiamo scoperto che quando si compra una bici, il negoziante comunica il numero di telaio da qualche parte che poi la polizia ne ha accesso. Figo no? Beh, insomma, 3 settimane fa la moglie della famiglia DR va a lavorare e parcheggia la stessa identica bici all´interno del recinto aziendale che funge da rimessa per bici per i dipendenti. E alla fine del turno non la trova piú. Dopo una decina di giorni, chiama la polizia per chiedere se hanno ri-smarrito la stessa bicicletta di due anni prima. Servizievoli non c´é che dire. (e che culo che c´hanno questi peró). 

- anche ad altri é sparita la bicicletta. Non mi ricordo tutte le storie ma se ne sentono di incredibili. A qualcuno viene rubata persino quando é regolamente inlucchettata dentro la cyckelförråd (la cantina per le biciclette). Pare che molti rubino la bicicletta anche solo per usarla una volta, per utilizzi una-tantum. 

- dimenticavo il sottoscritto. Anch´io ho la mia storia da raccontare. Io uso la bicicletta tutti i giorni per andare fino in stazione (e per tornare anche). A marzo ho dormito fuori (che in lingua svedese ha un verbo apposito: övernatta) per partecipare ad una riunione con i colleghi di due giorni. Bene, l´ho lasciata fuori una notte: sparita. Ed era una bicicletta che mi ero portato dall´Italia, niente di particolare valore, ma insomma, rompe lo stesso. Ho trovato il lucchetto invece, tranciato di brutto.

Secondo me ci sono varie tipologie di ladro, da quello saltuario a quello professionista. E siccome in questo periodo é sempre buio, sicuramente nessuno di loro puó andarsene con la bicicletta rubata canticchiando bello pedalare sotto questo sole, eh ... 



sabato 24 ottobre 2015

Siamo degli sporcaccioni, fuori.

Ho letto questa intervista ad una certa Yvonne, svedese ma con forti interessi per l´Italia, in particolare nel sud. 
Essa ci definisce degli sporcaccioni. Sostanzialmente perché abbandoniamo rifiuti in giro per le strade. 
Copio e incollo un passaggio cruciale dell´intervista: 

«Qui le case non sono rifinite, preservate, non c'è la buona abitudine di fare manutenzione - continua la prof in bici. - Le viuzze secondarie, persino a Reggio, sono pattumiere. Non c'è il senso dell'ordine e della pulizia».
«I calabresi, e in generale un po' tutti gli italiani, ci tengono molto a tirare a lucido la propria casa, mentre per strada smettono improvvisamente di avere cura per la pulizia. In Svezia le case non luccicano come qui perchè la gente lavora e non ha il tempo per far brillare i pavimenti ma in strada ci si può mettere a sedere nudi e mangiare sul prato» 

Sono parzialmente d´accordo. Quello che contesto in questa affermazione é l´assolutismo e quindi la mancanza di spazio alle eccezioni, perché ci sono, da entrambi le parti. Per esempio lei dice che i giovani svedesi sono educati al rispetto ambientale. Sará, e forse é vero, ma é normale trovare carte gettate a terra, sopratutto nei pressi delle scuole. E anche gli adulti non sono mica tutti santi. Mi é capitato di trovare rifiuti abbandonati un po´qua e un pó là. Io che faccio il pendolare in treno, vedo tutti i giorni che lungo la ferrovia ci sono rifiuti abbandonati. Sono riuscito a scorgere anche un wc, in mezzo agli alberi. 

Come non me la sento di dire che tutti gli italiani siano degli sporcaccioni. Purtroppo non conosco la Calabria e nemmeno il resto del sud e non posso fare paragoni nord-sud basandomi solo sulle scene viste qualche anno fa in televisione con i rifiuti abbandonati in tutte le strade di campagna. Anche se mi viene comunque facile pensare che delle differenze in tal senso ci siano. Posso invece confermare che l´abbandono di rifiuti in Italia varia da cittá a cittá, da paesello a paesello, da famiglia a famiglia. Bisognerebbe calcolare una media, ma non so nemmeno se sia possibile. 

Peró una cosa ha ragione questa Yvonne: che lo svedese medio non bada molto alla cura della casa. mi é capitato di entrare in casa di svedesi ed essere imbarazzato per il casino e lo sporco. E pensare che io non sono certo uno schizzinoso. Al contrario le famiglie degli italiani in Svezia che io conosco hanno mediamente delle case in ordine e pulite. Cosí come posso confermare che in generale lo svedese ha piú senso civico e rispetto della cosa comune  (hanno il tasso di raccolta differenziata tra i piú alti al mondo) rispetto ad un italiano che invece appare piú concentrato sulla sua sfera di interessi personali. Mediamente, meglio precisare. 




sabato 17 ottobre 2015

Ti faccio uno swish cosí

Manco dall´Italia da 3 anni (e 2 mesi). A quel tempo la  tecnologia bancaria era arrivata alle chiavette elettroniche. Ogni banca aveva la sua ma in generale si presentavano tutte piú o meno in questo modo (ne ho trovata una su internet):
 L´uso é abbastanza semplice: si accede al sito web della propria banca e quando te lo viene richiesto, tu premi il bottone della chiavetta e ricopi il codice che viene generato. Così hai accesso al tuo conto ed effettuare pagamenti, bonifici, e quant´altro. 

In Svezia ho trovato un sistema simile. Anche qui ogni banca ha la sua macchinetta ma sostanzialmente sono queste: 

Raffigurati sono i 4 modelli delle principali 4 banche svedesi. Alcuni di questi (forse tutti) richiedono l´uso di una carta e possono collegarsi con il computer sia con il cavo che senza. Nel primo caso (con cavo) é necessario installare nel pc un certificato elettronico. Nel secondo invece no, ma serve digitare il codice con la tastierina numerica e restituire quello che appare nello schermo. 

La principale differenza con il sistema italiano é qui in Svezia, tutti questi marchingegni servono anche come ID-leg cioé come carte di identitá elettroniche e dunque permettono di accedere anche ad altri siti, primi fra tutti quelli della pubblica amministrazione. Cosí se devi richiedere un certificato anagrafico, o comunicare la qualunque ad una pubblica autoritá, puoi usare lo stesso meccanismo che usi per accedere al tuo conto corrente. Di conseguenza nessuno ha piú motivo di andare a fare coda negli uffici pubblici. 

Altra novità rispetto al sistema italiano e che quando esegui un acquisto on-line puó capitare che la società venditrice ti chieda, in alternativa alla tradizionale carta di credito, di pagare con questo sistema. Cioè: ti chiedono qual´é la tua banca con un menú a tendina, Una volta selezionata la tua, ti indirizzano verso il sito della tua banca e una disposizione di bonifico appare precompilata. A quel punto paghi con il marchingegno della foto e l´operazione é conclusa (e la merce ti arriva in 1 o 2 giorni). 

Ecco, in questi 3 anni altri nuovi strumenti si sono affiancati, e non so se ci sono anche in Italia, ma non credo. 
Il primo permette di pagare le fatture scannerizzandole con il telefonino. Io lo ho fatto anche questa mattina. 
Spessissimo le fatture hanno tre codici in fondo contrassegnati da simboli come # e < >. Un esempio tratto da internet:

Io ho installato nel mio telefonino la app della mia banca. Inserisco un codice e poi scanno questa riga con la videocamera del telefonino. La app riconosce i tre codici che corrispondono al destinatario della fattura, all´importo e alla causale. Quindi, senza inserire alcun dato, basta premere il tasto esegui e il pagamento é effettuato. 
La fattura che ho pagato questa mattina é quella dell´abbonamento internet e mi arriva via email. La ho aperta a video del personal computer e poi ho usato il telefonino per scannerizzare la fattura a video. Ci ho messo non piú di 10 secondi, senza necessità di copiare dati e codici e quindi senza rischio di sbagliare. Figo no? 

La la cosa piú fika ti tutte é lo Swish.

E´un´altra app che tutte le banche hanno realizzato di comune accordo e permette piccoli pagamenti in modo semplice ed immediato con il telefonino. In pratica funziona cosí: quando installi la app nel telefonino, colleghi di fatto il tuo conto corrente con il tuo numero di telefono. Se vuoi fare un pagamento a qualcuno, dalla app devi solo scrivere il numero di telefono del destinatario del pagamento, o prelevarlo dalla tua rubrica. Ci aggiungi l´importo, ovviamente, un codice segreto di 6 cifre di tua scelta e premi il tasto esegui. 
Ce l´hanno tutti, a prescindere dalla banca scelta. E cosí quando in ufficio si fa una colletta per il collega che ha avuto un figlio, o il rimborso per il pranzo o quello che riuscite ad immaginare, si fa con il telefonino in pochi secondi, senza coordinate bancarie, dispositivi strani, cavetti e sopratutto SENZA CONTANTI. E chi li usa piú? Io in 3 anni ho fatto bancomat una volta sola e non mi ricordo per quale astruso motivo. 

E va bé, starete pensato, chissá quanto costa. ZERO. Sia di installazione che di commissioni. 

Ecco, ora lo sapete, se volete swisharmi qualcosa, io vi comunico volentieri il mio numero di telefono (in svedese é stato coniato il verbo "swishare").


giovedì 15 ottobre 2015

La gatta non ci lascia lo zampino

Lavorare in Svezia é una figata pazzesca. 
Fra le tante cose che mi hanno colpito del mondo del lavoro svedese c´é l´attenzione maniacale alle esigenze personali individuali, che ovviamente si sommano a quelle aziendali. Cioé fintanto che non sono in contrasto, perché non accontentare tutti? 

E´talmente difficile da spiegare che voglio provarci in modo emprico: con un esempio. 
Dovete sapere che anche nella azienda dove lavoro é possibile lavorare da casa. Ognuno di noi ha un computer portatile per cui, volendo, lo si puó portare a casa e lavorare in tuta e scalzi. Ovviamente questa modalitá di lavoro va usata solo in occasioni particolari, e non tutti i giorni. 
Una mia collega la settimana scorsa comunica che il giorno dopo avrebbe lavorato da casa e giustifica la scelta (non serve) dicendo che ha comprato un gattino appena nato, di sole 2 settimane, e che, poverino, ha paura a stare da solo. 
E tutti quanti, sottoscritto compreso, a complimentarsi con la collega e ad esprimersi sulla piccola creatura con commenti da vecchie comari al mercato ortofrutticolo. 
Dopo un paio di ore io ero nella mia postazione e stavo scrivendo al computer quando improvvisamente le dita mi si sono bloccate ed ho drizzato la schiena. Mi sono sentito come Homer in questa vecchia puntata: 



"Un attimo!", mi sono detto. Ho una collega che sta a casa per un gattino? Ma ve la immaginate la stessa motivazione portata in una azienda italiana? 
Infatti a me suonavano strano queste cose all´inizio ma ora sono abituatissimo e raramente mi soffermo a riflettere su come sia un mondo cosí diverso da quello italiano. 
Lo so cosa state pensando: che in questo modo uno puó fare il furbetto e lavorare la metá o cazzeggiare su internet, oppure che da noi queste cose non vanno perché abbiamo internet lentissimo, eccetera. E avete tutti parzialmente ragione. La veritá principale é che c´é un´altra mentalitá. Il capo é il primo a gioire se un collega dice di voler lavorare da casa un giorno perché un lavoratore contento é un lavoratore che produce di piú. Non sono mica dei buoni samaritani con scritto "fessi" sulla fronte. 
Quindi la morale é ..... GATTINI PER TUTTI !!!!!